Luciano SANDRIN, Chiamati al dono di sé - "Chi ha vissuto la formazione presbiterale intorno agli anni sessanta, o anche prima, ha respirato una spiritualità..."
Chi ha vissuto la formazione presbiterale intorno agli anni sessanta, o anche prima, ha respirato una spiritualità che aveva nell’idea del “sacrificio di sé” uno degli ideali più importanti del proprio servizio pastorale. Per evitare sofferenze inutili, e continuare a bruciare d’amore per gli altri senza bruciarsi (burnout), c’è bisogno di passare da una spiritualità, e conseguente formazione, focalizzata sul sacrificio di sé a un’educazione aperta al dono di sé, cercandone le condizioni che la possono coltivare. Anche la croce è preferenzialmente interpretata come il simbolo più alto del sacrificio, dimenticando che nel gesto di Cristo, in primo piano, c’è la donazione di sé: non il sacrificio ma l’amore. È questa la strada per un’autentica “realizzazione di sé”, sulla quale insiste oggi una “buona” psicologia, per star bene noi e far star bene coloro che vogliamo aiutare. E perché le nostre relazioni pastorali siano sane e sananti.